Mi chiamo Claudio Viarengo e la fotografia è il mio modo di restare — anche quando il mondo mi porta altrove.
Sono nato nel cuore del Piemonte, cresciuto tra colline e fabbriche, tra il rumore delle macchine e il silenzio della natura.
Di mestiere sono project manager e mi occupo di automazione industriale. Ogni giorno affronto numeri, sistemi complessi, impianti che si muovono al ritmo del progresso. Ma la mia anima ha bisogno di altro: di luce, di lentezza, di poesia.
Sono nato nel cuore del Piemonte, cresciuto tra colline e fabbriche, tra il rumore delle macchine e il silenzio della natura.
Di mestiere sono project manager e mi occupo di automazione industriale. Ogni giorno affronto numeri, sistemi complessi, impianti che si muovono al ritmo del progresso. Ma la mia anima ha bisogno di altro: di luce, di lentezza, di poesia.
La fotografia è il mio rifugio.
Non è solo una passione, è un linguaggio. È la mia maniera di abitare il mondo in modo più profondo, più sincero.
Scatto per raccogliere ciò che passa inosservato: un’ombra che si allunga su un muro, un volto che trattiene una storia, una trama nascosta nella corteccia di un albero o nell’asfalto spaccato di una città.
Amo i silenzi, gli sguardi fugaci, le simmetrie naturali o urbane. Mi affascina l’istante prima che qualcosa accada.
Scatto per raccogliere ciò che passa inosservato: un’ombra che si allunga su un muro, un volto che trattiene una storia, una trama nascosta nella corteccia di un albero o nell’asfalto spaccato di una città.
Amo i silenzi, gli sguardi fugaci, le simmetrie naturali o urbane. Mi affascina l’istante prima che qualcosa accada.
Fotografo per emozionarmi e per restituire quella stessa emozione a chi guarda.
Non cerco l’immagine perfetta, cerco la verità contenuta in un frammento di tempo.
Racconto con discrezione, con rispetto.
Perché ogni immagine, per me, è un dialogo silenzioso. Una domanda aperta. Un frammento di me.
Non cerco l’immagine perfetta, cerco la verità contenuta in un frammento di tempo.
Racconto con discrezione, con rispetto.
Perché ogni immagine, per me, è un dialogo silenzioso. Una domanda aperta. Un frammento di me.
